Iniziamo con uno scenario ahinoi comune. Un tuo genitore ha avuto una caduta improvvisa in casa. Nessun urto violento, solo un momento di debolezza, pressione bassa e… il femore si è fratturato. Ora è stato operato, è tornato a casa, ma la vera sfida inizia adesso: organizzare la riabilitazione, garantire sicurezza, capire cosa serve davvero per aiutarlo a camminare di nuovo.
Le fratture al femore per l’anziano sono tra le più delicate da gestire, perché comportano un alto rischio di complicanze, perdita dell’autonomia e lunghi tempi di recupero. Ecco perché in questo articolo troverai tutto ciò che serve: dalle fasi della riabilitazione, agli ausili fondamentali alle agevolazioni fiscali per l’ottenimento di questi ausili.
Che tu stia coordinando una badante, gestendo un fisioterapista a domicilio o semplicemente facendo del tuo meglio da figlio o coniuge, questa guida ti aiuterà a fare scelte pratiche, consapevoli e sostenibili (con noi di Mobility Care al tuo fianco). Partiamo!
Perché il femore si rompe più spesso dopo i 70 anni?
Ti stai chiedendo perché così tanti anziani finiscono in ospedale per una frattura al femore?
La risposta è duplice: da una parte c’è l’osteoporosi, dall’altra le cadute domestiche, spesso causate da malori improvvisi, cali di pressione, perdita di equilibrio o disorientamento.
Il femore, del resto, è tra le ossa più esposte alle fratture negli anziani, soprattutto dopo i 70 anni perché le ossa diventano meno dense e più fragili.
Secondo dati ISTAT del 2023, oltre il 30,7% delle donne over 74 in Italia ha una diagnosi di osteoporosi, mentre la percentuale tra gli uomini è del 9%. A questi numeri si aggiungono altre indagini, come quelle del Veneto, che segnalano una prevalenza di osteopenia (pre-osteoporosi) del 44,7% nelle donne e del 36% negli uomini.
In Italia si contano all’anno quasi 80.000 fratture di femore, di cui il 75% riguarda le donne, e oltre il 90% è dovuto a cadute domestiche. Il mix di ossa indebolite e ambienti casalinghi non adeguatamente protetti crea un circolo vizioso: ogni caduta può causare una frattura, e ogni frattura può compromettere gravemente l’autonomia futura.
Per questo la prevenzione della fragilità ossea (tramite terapie, calcio e vitamina D, check-up periodici) e l’adattamento della casa diventano alleati indispensabili nel contenimento del rischio.
Le tre fasi della riabilitazione dopo frattura del femore
La riabilitazione dopo una frattura al femore non si esaurisce con l’intervento chirurgico. Anzi, è proprio da quel momento che inizia il percorso più impegnativo per chi assiste un anziano in casa.
Il recupero, infatti, non è un evento isolato, ma un vero e proprio percorso a tappe, che richiede organizzazione, pazienza e gli strumenti giusti per ogni fase. Il ritorno all’autonomia dipende da molte variabili: l’età della persona, la qualità dell’osso, eventuali patologie pregresse e, soprattutto, la qualità del supporto ricevuto nelle prime settimane.
Vediamo insieme queste tappe.
1. In ospedale: controllo clinico e primi movimenti
Nei primi giorni dopo l’intervento chirurgico, la priorità è la stabilizzazione clinica: controllo del dolore, prevenzione delle complicanze (come la trombosi venosa profonda) e avvio del monitoraggio post-operatorio. In parallelo, il fisioterapista inizia con la mobilizzazione passiva, ovvero piccoli movimenti articolari eseguiti a letto per evitare rigidità e favorire la circolazione.
Ausili utili in questa fase:
- Letto ortopedico regolabile, con sponde di sicurezza
- Materasso o cuscini antidecubito per il posizionamento corretto degli arti
- Deambulatori pieghevoli da iniziare a usare in fase di seduta assistita

2. In clinica o centro riabilitativo: ritorno al carico
Una volta dimessa dall’ospedale, la persona può essere trasferita in una clinica riabilitativa. Qui comincia la vera fase attiva del recupero: si lavora sull’appoggio graduale del peso corporeo sull’arto operato, si iniziano esercizi di equilibrio e rinforzo muscolare, spesso con ausilio di deambulatori, parallele o bastoni. L’obiettivo non è solo camminare, ma riacquisire sicurezza nei movimenti.
Ausili utili in questa fase:
- Deambulatore fisso o con ruote
- Bastoni ergonomici
- Barre di appoggio nei corridoi
- Scarpe ortopediche antiscivolo
- Sollevatori manuali per esercizi da seduti o da letto

3. A domicilio: continuità e adattamento
Il ritorno a casa è un momento delicato, che richiede supporto costante e ambienti adattati. Il fisioterapista domiciliare segue il paziente 2-3 volte a settimana con un programma personalizzato, ma la riabilitazione vera si fa ogni giorno. Camminate assistite su superfici sicure, esercizi semplici da eseguire in autonomia e – soprattutto – un caregiver formato sono fondamentali per proseguire il progresso.
Ausili utili in questa fase:
- Montascale o servoscala
- Poltrona alzapersona per alzate sicure
- Sgabelli da doccia e maniglioni nel bagno
- Deambulatori o bastoni per gli spostamenti quotidiani
- Luci notturne per evitare cadute in casa
In ognuna di queste fasi, logicamente, il coinvolgimento del caregiver è cruciale: imparare a usare correttamente gli ausili, supportare la persona senza sostituirla, riconoscere segnali di affaticamento o regressione sono competenze che vanno trasmesse con cura.
Nel prossimo paragrafo, approfondiremo i tempi medi di recupero e cosa aspettarsi nelle diverse settimane post-frattura, in base alle linee guida riabilitative e alle esperienze cliniche più frequenti.
Tempi di recupero dalla frattura
Uno dei dubbi più comuni tra i familiari e caregiver è: quanto si sta fermi con il femore rotto? La risposta è: dipende. I tempi di recupero possono variare in modo significativo in base a numerosi fattori, tra cui l’età del paziente, la presenza di altre patologie croniche, il tipo di frattura e la tecnica chirurgica utilizzata (protesi totale, parziale o fissaggio con placche e viti).
In linea generale, dopo l’intervento chirurgico il paziente rimane in ospedale per circa 7-10 giorni, seguiti da un periodo di riabilitazione in clinica o a domicilio che può durare da 1 a 3 mesi. Tuttavia, per un recupero completo dell’autonomia — camminare senza aiuti, salire le scale, vestirsi in autonomia — possono essere necessari fino a 6 mesi, specialmente nei casi di fratture complesse.
Altra domanda frequente è: quanto dura la riabilitazione dopo la frattura del femore? Anche qui non esiste una risposta univoca. Il percorso riabilitativo viene sempre personalizzato e include una fase ospedaliera (mobilizzazione precoce), una fase di esercizi in carico assistito (in clinica o centro riabilitativo) e una fase domiciliare, dove si lavora sul mantenimento dei risultati e sul reinserimento nella quotidianità.
In breve: la media dei tempi di recupero si attesta tra i 90 e i 180 giorni, ma può allungarsi in caso di complicanze o se la frattura coinvolge pazienti con fragilità cognitive o motorie.
Riabilitazione dopo una frattura al femore nell’anziano
Recuperare da una frattura al femore, soprattutto in età avanzata, non è mai un percorso lineare. La riabilitazione richiede un approccio delicato, graduale e altamente personalizzato: ogni anziano ha tempi, risorse fisiche e bisogni diversi. In molti casi è indispensabile il supporto di un caregiver o di un familiare, non solo per accompagnare fisicamente il paziente nelle attività quotidiane, ma anche per monitorare i progressi, motivare e segnalare tempestivamente eventuali difficoltà o ricadute.
L’obiettivo della riabilitazione è duplice: da una parte ripristinare la mobilità dell’arto e rafforzare la muscolatura, dall’altra prevenire complicanze secondarie come la rigidità articolare, l’atrofia muscolare o la perdita di autonomia.
Il programma fisioterapico
Il programma fisioterapico può includere:
- Esercizi assistiti di rinforzo muscolare: fondamentali per restituire forza e stabilità all’arto operato.
- Esercizi di mobilità articolare e stretching: per migliorare la flessibilità, ridurre le rigidità e favorire la circolazione.
- Rieducazione all’equilibrio e alla camminata: spesso necessaria per contrastare la paura di cadere e ricostruire sicurezza nei movimenti.
- Coordinazione e postura: si lavora anche sul riallineamento posturale e sulla fluidità nei cambi di posizione (alzarsi, girarsi, salire un gradino).

Ausili indispensabili per la riabilitazione in casa
Accanto al percorso terapeutico vero e proprio, lo abbiamo accennato a più riprese, è cruciale intervenire anche sull’ambiente domestico, soprattutto nel passaggio dalla clinica a casa.
Tutti gli strumenti utili:
Ecco gli ausili più utili, divisi per funzione:
- Deambulatore o girello con ruote: Ideale nei primi mesi dopo l’intervento, consente all’anziano di camminare in sicurezza anche se ha ancora equilibrio instabile. Esistono modelli pieghevoli, leggeri e regolabili in altezza, per adattarsi a ogni contesto abitativo.
- Bastone ergonomico con impugnatura antiscivolo: Per il passaggio graduale dal deambulatore a una maggiore autonomia. Aiuta a scaricare il peso dall’arto operato senza rinunciare al movimento.
- Letto ortopedico o elettrico con sponde: Facilita il riposo notturno, il cambio di posizione e le alzate mattutine. Le sponde evitano cadute accidentali durante la notte, mentre la funzione alza-busto riduce lo sforzo nei movimenti.
- Sedia con alzata facilitata: Le sedute troppo basse possono ostacolare la ripresa. Una poltrona con meccanismo alza-persona rende più semplice sedersi e alzarsi in autonomia, evitando sovraccarichi sull’anca.
- Rialzo WC automatico: Dopo una frattura, anche il bagno può diventare un ostacolo. L’alza WC elettrico riduce lo sforzo necessario per sedersi e alzarsi.
- Sedile per doccia e tappetino antiscivolo: Lavarsi in piedi può essere rischioso. Un sedile da doccia con schienale e braccioli garantisce comfort e sicurezza, mentre il tappetino evita scivolamenti su superfici bagnate.
- Scarpe ortopediche post-operatorie: Fondamentali per ammortizzare l’appoggio e ridurre il carico sull’arto operato. Devono avere suola antiscivolo, tomaia morbida e chiusura regolabile. Alcuni modelli sono indicati anche per l’esterno, per piccole uscite quotidiane.
Interventi strutturali necessari:
Oltre agli ausili mobili, in molti casi è utile (se non indispensabile) eseguire piccoli interventi strutturali nell’ambiente domestico. Questi accorgimenti aumentano l’autonomia, riducono i rischi e favoriscono un recupero sereno e continuo:
- Installazione di montascale: in presenza di scale interne o all’ingresso del condominio, un montascale consente di superare i dislivelli senza sforzo. I modelli a poltroncina o pedana possono essere installati anche in ambienti esterni. Scopri qui i montascale consigliati.

- Miniascensore domestico: Una soluzione sempre più diffusa per rendere accessibili tutti i piani della casa e installabili anche in abitazioni già esistenti e senza opere murarie invasive.

- Eliminazione di barriere architettoniche interne: Interventi come l’eliminazione di gradini o l’installazione di corrimano possono fare un’enorme differenza nella vita quotidiana.
- Pavimenti antiscivolo e illuminazione adeguata: Modificare i rivestimenti scivolosi, installare sensori di movimento per l’accensione automatica della luce o posizionare luci notturne nei corridoi migliora drasticamente la sicurezza.
→ Consiglio di Mobility Care: La riabilitazione, infine, non è mai solo fisica. Il recupero psicologico è altrettanto importante: affrontare una frattura significa, per molti anziani, confrontarsi con la fragilità. Avere accanto una persona preparata che incoraggia, rassicura e accompagna è spesso ciò che fa la vera differenza.
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Affrontare una fase delicata come la riabilitazione domestica dopo una frattura richiede attenzione, praticità e… le giuste informazioni. Ecco perché vogliamo segnalarti un’opportunità concreta e spesso sottovalutata: il bonus barriere architettoniche 75%, valido fino al 31 dicembre 2025.
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